Ne è certo anche il professor Camillo Ricordi, ricercatore di fama mondiale nonché direttore del Diabetes Research Institute e del Cell Transplant Center dell’Università di Miami (Florida).
Secondo il professore, una dieta equilibrata, integrata da sostanze protettive, unitamente all’attività fisica e a uno stile di vita regolare, possano migliorare le aspettative di vita.
“Si può vivere fino a 120 anni – ha dichiarato Ricordi – Il nemico per eccellenza della longevità è l’infiammazione cronica associata al diabete, a malattie autoimmuni e alle malattie croniche legate all’avanzata dell’età. L’obiettivo è quello di rimanere al 100% della forma fisica e mentale, senza malattie, fino all’ultimo giorno di vita”.
Al professor Ricordi, durante un’intervista de IL GIORNALE, sono state poste tre domande fondamentali.
Il concetto di longevità sana comprende tutte quelle modalità di invecchiamento che ci consentono di prevenire o minimizzare la durata della fase di declino biologico. Purtroppo la pandemia più grave del XXI secolo è proprio la longevità malata. Pensi che, in America, i bambini nati in questi anni rischiano di diventare la prima generazione con una spettanza di vita minore rispetto ai genitori.
Il nemico per eccellenza della longevità è l’infiammazione cronica causata da diete malsane e da carenza di sostanze protettive come Vitamina D, Omega3, Polifenoli e attivatori delle sirtuine (le molecole della longevità). Negli ultimi anni, sempre più longevi sono affetti da malattie croniche degenerative: il 90% degli over 65. Una fascia di popolazione che raddoppierà nei prossimi 20 anni. Senza contare che tutto questo ha dei costi notevoli sulla spesa pubblica. Negli Stati Uniti la cifra si aggira attorno ai 3.8 trilioni di dollari incidendo per il 20% sul PIL.
Una dieta troppo ricca di grassi, omega 6, zuccheri, carboidrati raffinati e cibi processati sono sicuramente tra i maggiori fattori di rischio del diabete di tipo 2, ma iniziamo a capire che anche nel diabete autoimmune (tipo 1) diete infiammatorie e carenza di sostanze protettive possono predisporre e aumentare il rischio non solo di diabete di tipo 1, ma anche di tutte le altre patologie autoimmuni. In queste condizioni, le cellule staminali e progenitrici del corpo, perdono più velocemente la loro capacità di riparare e rigenerare i tessuti perché l’organismo comincia a non produrre più alcune sostanze protettive come, ad esempio, i polifenoli e gli attivatori delle sirtuine.
Clicca sul contatto qui sotto per comunicare con me attraverso Whatsapp e pormi le tue domande.